Lo scorso mese di settembre, in occasione della posa di una targa sulla casa natale di don Antonio Rubbi (1693-1785 ) nella contrada Padroneoco di Zogno, a cura della locale amministrazione comunale, in occasione del 225 anniversario della morte, è stata annunciata la costituzione di un comitato per lo stadio di quella che il prof. Luigi Roffia, da tempo impegnato in ricerche sa questo straordinario personaggio ancora oggi ricordato come ol preòst sant, ha definito “una figura eccezionale che ha portato salvezza e grazia”. Per fornire un contributo alla conoscenza di don Rubbi, riportiamo il testo dell’omelia che il nostro socio mons. Giulio Gabanelli, ha tenuto nella chiesa di Sorisole durante la celebrazione della messa nell’anniversario della morte del preòst sant.
Nella presente celebrazione eucaristica facciamo memoria dei pio transito del nostro preòst sant, don Antonio Rubbi, avvenuto il 15 marzo 1785, esattamente 225 anni orsono. Tutta Europa si commosse… Noi sentiamo che continua a vivere tra noi con la sua presenza vibrante che rafforza la nostra fede in ciò in cui lui ha creduto, predicato e praticato a bene delle anime e a gloria di Dio.
Quella di don Rubbi è una presenza che non tramonterà mai a Sorisole e speriamo che si avverta anche altrove. In vita, con le sue virtù eroiche, da taumaturgo, ha operato molteplici guarigioni, ma nello stesso tempo ha operato anche grandi prodigi di conversione che sono rimasti per lo più nel segreto delle coscienze. Associato alla passione e morte di Gesù Cristo in Croce ha prolungato nel tempo la salvezza del mondo. Cristo non ha salvato il mondo coi suoi miracoli, ma con la sua morte in Croce; anche se i miracoli sono una testimonianza dell’amore con cui ha accettato d’ immolarsi sulla croce. Gesù Cristo comunque ha lasciato spazio a tutti quelli che vogliono associarsi a lui per la salvezza del mondo. Cosi è avvenuto, ad esempio, per l’apostolo Paolo, come per don Rubbi, che ha accettato di completare nella propria carne ciò che manca ai patimenti di Cristo nelle sue membra che è la Chiesa… Ecco perché si continua a credere a don Rubbi anche a distanza di secoli ed ecco perché don Rubbi poté operare prodigi in vita e in morte. È come una sorgente che conserva il suo gettito perenne, che non delude quanti vi si recano ad attingere grazie e favori divini. I santi sono in continuo riferimento a Cristo. Lui è la sorgente inesauribile di santità e di grazia della divina misericordia per l’uomo peccatore, mentre i santi ne sono i canali distributori.
Ci vogliono quindi i santi per fare i santi. Giustamente il vescovo di Bergamo ha nominato, il 18 ottobre 1996, una commissione storica per la ricerca dei documenti idonei a dimostrare la eroicità delle virtù di don Antonio Rubbi. L’ indagine ha avuto un risultato, più che positivo, sorprendente. Gli stessi incaricati che ritenevano quella ricerca una perdita di tempo, dovettero ammettere, se è lecito il paragone, che il santo curato d’Ars è più piccolo del nostro don Rubbi, di fama europea senza confronti con altri personaggi del suo tempo.
1 – Il nostro don Rubbi infatti è già stato proclamato santo a furor di popolo e se la storia non si smentisce, in vita e in morte, come al tempo in cui non esistevano i processi canonici per la proclamazione dei santi che la Chiesa riconosceva attraverso la voce del popolo santo di Dio, poiché “vos populi, vox Dei!”, cioè la voce del popolo e voce di Dio.
2 – Già Papa Clemente XIV ha affermato di don Rubbi: “Mi pare siano tornati i tempi di Gesù Cristo e delle sue prodigiose guarigioni in persone di tutte le nazioni vicine, confinanti con la Galilea”. Cosi confermava il cardinale Francesco Carrara in una sua lettera del 31 luglio 1772 al fratello conte Giacomo a Bergamo: per lui don Rubbi era parroco santo e vi fece visita a Sorisole.
3 – Abbiamo poi valide testimonianze di distinte personalità contemporanee di don Rubbi. Tra le prime quella di mons. Giuseppe Rovetta, Vicario Generale della diocesi, che teneva il Rubbi in grande venerazione per la sua santità, e che presentò la sua rinuncia a Vicario Generale, come protesta, quando il vescovo Antonio Radetti, il 28 agosto 1772 folgorò l’interdetto a don Rubbi col divieto di benedire. Intanto don Rubbi umilmente obbedì al suo vescovo che si rese conto di essere stato sobillato da ecclesiastici intriganti e maldicenti di cui si era attorniato, per cui a distanza di 78 giorni, il 14 novembre 1772, annullò l’interdetto del 28 agosto, permettendo nuovamente a don Rubbi di benedire. Abbiamo ancora in favore di don Rubbi la testimonianza di 4 cardinali: card. Francesco Carrara, già nominato, di Bergamo; card. Spinola di Roma; card. Pallavicini di Roma; card. Veterani di Roma. Abbiamo anche vescovi, come l’arcivescovo di Gorizia, e molte altre personalità: conti, scrittori storici e una moltitudine di miracolati di cui si conservano testimonianze scritte e autentiche. Una testimonianza importante e quella di don Giovan Maria Tiraboschi, successore del Rubbi, che va considerato come il vero biografo di don Rubbi su cui si basò poi don Giovanni Suardi nella stesura biografica del 1857, a 72 anni dalla morte del Rubbi.
4 – Nel dizionario storico di una società di letterati francesi, edito nella settima edizione a Venezia nel 1796 in lingua italiana, a soli 11 anni dalla morte di don Rubbi, troviamo tracciata una stupenda sintesi della vita del santo fra cui la seguente attestazione: “Nessuno potrà mai negare le virtù eroiche di don Antonio Rubbi, in nessun luogo e nessun modo”.
5 – La testimonianza più importante e senz’altro quella che don Rubbi dette di se stesso quando, dal balcone di casa, in pubblico e dal pulpito supplicava i pellegrini accorsi: “Allontanatevi da me, perché sono un miserabile peccatore, rivolgetevi invece a Dio, abbiate fede in Lui e nella sua santissima Madre Maria”.
6 – E quanto di lui poteva affermare il suo confessore dott. mons. Alessandro Chiesa, parroco di Spino al Brembo, da cui si recava settimanalmente il nostro don Rubbi, di giorno e di notte, d’estate e d’inverno, passando attraverso il Canto Alto, che meriterebbe d’essere chiamata la montagna di don Rubbi, simbolo della sua santità e della sua protezione su Sorisole e su Zogno. Tutto ciò fa bene sperare che l’attuale vescovo di Bergamo introduca la causa di beatificazione a Roma dal momento che tutte le carte sono in regola: sia per riconoscere la santità del don Rubbi; sia per rendere giustizia a tutto il clero di Bergamo, sempre così poco stimato dai propri vescovi; e infine per rendere onore alla pietà dei fedeli di Sorisole che ininterrottamente coltivano per il loro parroco, preòst sant, tanta devozione.
Infatti quando il vescovo Carlo Gritti Morlacchi ha concesso il trasferimento dei resti mortali di don Rubbi all’altare della Madonna nella parrocchia dove abitualmente impartiva le sue benedizioni, non sono mai mancati i ceri accesi e i fiori freschi con numerosi quadretti o cuori per le grazie ricevute. Già le suore di clausura di Zogno stanno pregando per ottenere da Dio, attraverso l’intercessione di don Rubbi, il rinnovamento della chiesa di Bergamo nei capi e nei fedeli. Abbiamo anche la fortuna di avere a Roma, al vescovo piacendo, come postulatore della causa di beatificazione padre Cristoforo Zambelli di Zogno, già incaricato come postulatore delle cause che riguardano l’Ordine dei Francescani Minori che gestiscono, per intenderci, i santuari di Padova e d’Assisi. Sia al tempo del Rubbi, come pure al nostro tempo, la Chiesa attraversa momenti di profonda crisi. I personaggi che hanno dato e possono dare la risposta più efficace a tutte le eresie e le crisi di ogni tempo non sono le dispute teologiche o gli inquisitori che hanno mandato al rogo tanti innocenti, ma sono i santi come il don Rubbi che nella preghiera, nella pazienza e nel silenzio hanno dato credito alla Parola di Dio. E se la Chiesa sta a galla nonostante le eresie, le defezioni e gli scandali, non è soprattutto per merito di chi sta in alto a dominarla, ma di chi sta sotto a sostenerla, come il popolo santo di Dio coi suoi santi che costituiscono le fondamenta solide, anche se non si vedono, del tempio santo di Dio che è la Chiesa. Ripeto e concludo: la Chiesa ha bisogno di santi perché tutti gli uomini siano santi, poiché Dio è Santo e non può ammettere alla sua presenza chi non è santo. Don Rubbi con la sua vita e la sua morte ce l’ha insegnato.
N.B. Don Giuseppe Rottigni lesse l’orazione funebre il 17 marzo 1785. Nel trigesimo di morte Don Giuseppe Rota, curato di Almenno San Salvatore, recitò l’ orazione funebre che durò più di due ore e disse: “Don Rubbi è sepolto ai piedi della grandinata dell’altare maggiore, il primo in questo sepolcro dei pastori di questa chiesa”.
(da Quaderni Brembani, 9/2011)