Cortesemente richiesto di stendere alcuni brevi e anche minimi ricordi di natura personale legati alla devozione sviluppatasi intorno alla figura di don Giovanni Antonio Rubbi (1693-1785), la mia memoria corre subito al periodo della mia prima giovinezza, per la precisione alle serate estive subito dopo la recita del Santo Rosario in chiesa parrocchiale, che rappresentavano i momenti privilegiati da parte di don Agostino Ariselli – curato dal 1937 al 1948, quando parroco era don Francesco Mazzoleni – per raccontare a me, così come a tutti i miei non pochi coetanei radunati sotto il porticato della fabbriceria, episodi della vita e dei miracoli di don Rubbi, con tanto di particolari anche a proposito delle carrozze e dei signori che venivano in visita a Sorisole per ricevere consigli, insegnamenti e benedizioni da questo grande uomo di fede, già in fama di santità ancora vivente.
Con riferimento ai caldi mesi estivi, ricordo vividamente pure le lunghe camminate a scavalcare il nostro Canto Alto con le bande dei medesimi, numerosi giovani del paese, sempre organizzate e animate dal curato, verso i luoghi legati alle vicende e alle attività di don Rubbi, immancabilmente concluse con la partecipazione alla Santa Messa in quel di Poscante o di Monte di Nese, a seconda delle mete di volta in volta prescelte: mi è tuttora presente in maniera ben distinta il sacrificio del non poter bere acqua lungo il tragitto prima di accostarsi alla Santa Comunione…
Di estate in estate: dopo i miei undici anni, con l’ingresso nel Seminario della Congregazione del Santissimo Sacramento di Ponteranica, al momento del consueto ritorno presso la casa natale nel mese di luglio per le vacanze di stagione, ecco emergere ancora il ricordo delle Sante Messe celebrate in chiesa parrocchiale da don Anselmo Merelli – curato dal 1946 al 1960, con vicario don Francesco Carissoni – all’altare della cappella intitolata alla Madonna del Rosario, dove è collocata la tomba del Santo Prevosto (attorno alla quale non poche erano le immagini delle grazie ricevute che trovavano spazio), la cui vita ci era costantemente additata a cristallino esempio di fede e santità.
Pure restando nell’ambito del mio ambiente strettamente familiare, non posso non fare memoria anche della mia carissima mamma, che sempre ci invitava a concludere la recita del Santo Rosario in casa nostra con tre “Gloria” per ol Preòst Sant. Alla domanda dei fratelli più piccoli sul perché recitare i “Gloria” per un defunto invece dei “Requiem”, puntuale arrivava la sua materna precisazione: «Per i Santi si recitano i “Gloria”, non i “Requiem”!».
Al di là del clima di sincera ed ammirata devozione che si respirava e si respira tutt’oggi in paese intorno alla sua figura, nei miei cinquantacinque anni di missione in Brasile come padre sacramentino ho spesso avuto occasione di ricordare la vita, i gesti, gli insegnamenti di don Giovanni Antonio Rubbi, a me così caro e che mi è sempre rimasto in cuore fin dai tempi della mia gioventù.
Da ultimo, esprimo la mia personale speranza che il Centro Studi a lui dedicato, possa continuare nel suo meritorio compito di tenere vive la memoria e l’eredità del nostro Santo Prevosto, anche nell’auspicio non solo di vederne riconosciuta a breve l’eroicità delle virtù ma la stessa santità, ben più di un evento che certo renderebbe orgogliosa tutta una comunità parrocchiale, ma reale momento di Grazia che estenda alla più ampia famiglia della Chiesa universale l’esemplarità di una vita come la sua.
Padre Andrea Agazzi, S.S.S.